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Il saluto in cimitero.

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La morte: un mistero senza tempo

Nel passato, quando ci si trovava ad affrontare un pericolo imminente, si invocavano i morti per protezione, usando l’espressione “Car i mei mört eidédom!”, “Cari miei morti, aiutatemi!”. Spesso nei libri di preghiere si infilavano le immagini ricordo dei defunti (misc’tá), per ricordarne i volti e pregare per le loro anime. I momenti dolorosi ma inevitabili dell’agonia, del trapasso, della vestizione e della veglia erano dettati da rituali antichi e rigorosamente rispettati.

Se possibile, si pregava vicino al morente, standogli accanto fino alla fine, mentre veniva chiamato il sacerdote affinché impartisse gli ultimi sacramenti. Dopo la morte, la salma veniva vestita con una lunga camicia bianca e adagiata sul letto, fra due alti candelabri, con una corona del rosario nelle mani giunte al petto; ai piedi venivano sempre messe le calze. Quindi la si copriva con un telo candido, mentre alle finestre si appendevano delle tende bianche. Qualcuno tagliava al morto una ciocca di capelli, poi conservata come una reliquia.

Il sacrestano avvertiva la comunità tramite il suono delle campane, detti böt, che seguivano uno schema preciso a seconda del sesso, dell’età e della residenza del morto.
Ci si recava presso l’abitazione colpita dal lutto per porgere le condoglianze alla famiglia e pregare; alcuni parenti o amici stretti vegliavano anche tutta la notte. I visitatori ricevevano come ringraziamento delle ciambelle di pane (paṅ di mört), distribuite anche fuori dalla chiesa, dopo il rosario e le messe di suffragio.

La mattina del funerale il defunto veniva spostato nella cassa in legno di cembro: durante il trasporto e la messa, la bara era coperta da un panno nero con ricamato in oro un teschio (al pan da mòrt). Le donne e le ragazze del corteo portavano sul capo un grande fazzoletto bianco inamidato (al panét blanch), mentre gli uomini indossavano un pesante mantello di lana nera (al capòt). Al termine della cerimonia si comunicavano le offerte ordinate dai familiari del defunto, quindi si accompagnava la bara in cimitero. Terminato il funerale, i famigliari e i parenti più stretti tornavano a casa e consumavano insieme uno spuntino, per alleviare il distacco.

I tempi del lutto variavano secondo il grado di parentela ed erano rigorosamente rispettati. Perfino alle mucche, per un po’ di tempo, veniva tolto il campanaccio. Tutta la comunità partecipava al dolore della perdita e al suo superamento: la morte era, ed è, parte integrante e fondamentale della vita e della società.

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